Quando non c’era la televisione e intorno al “focolare domestico” si ascoltavano i nonni
Chi di voi non ha mai ascoltato un anziano dire “era meglio un tempo quando non c’era nulla”… una frase strana per tutti noi che viviamo in una società ricca di tecnologia, cultura e comunque scandita dal tempo ormai troppo veloce peri nostri stessi ritmi. Vero è che la società è cambiata e quindi anche la famiglia che non riflette più quel senso di condivisione trasmessoci dai nostri avi. Va sottolineato che oggi la famiglia è composta per lo più dai genitori e dai figli e non più da zii e nonni che un tempo ricoprivano un ruolo primario nelle famiglie perché sede di saggezza e punto di riferimento ma vediamo insieme come la famiglia viveva un tempo nel Savuto. Ruolo principale è sempre stato il lavoro spesso duro, nei campi che i contadini coltivavano per i signori del luogo o per la chiesa che possedeva grandi appezzamenti e che concedeva in cambio di un affitto oppure per “mezzadria”, cioè la divisione del raccolto e ciò spesso veniva fatto sempre a favore del ricco. Il Savuto vanta tanti antichi mestieri che sono andati via via scomparendo per via del fenomeno dell’industrializzazione che se da un lato ha portato il progresso e forza lavoro nelle periferie delle grandi città, dall’ altro ha favorito la scomparsa di antiche maestranze che oggi sono molto ricercate perché realizzano prodotti a mano. La famiglia contadina del tempo era spesso composta da padre, madre, figli e nonni, per lo più paterni perché il marito appena sposato portava a casa sua la donna che a circa 13-14 anni veniva seguita dalla suocera che doveva essere chiamata mamma. Gli uomini per lo più si occupavano dei campi e chi aveva la fortuna di seguire un mastro imparava un arte che gli offriva una possibilità diversa rispetto ai campi. Fra i tanti mestieri citiamo il fabbro, falegname, scalpellino, calzolaio e molto diffuso era il mestiere del sarto. La giornata delle famiglie contadine iniziava molto presto quando ancora non era sorto nemmeno il sole. Gli uomini raggiungevano i campi, le vigne e qui lavoravano fino al tardo pomeriggio, poi si dedicavano anche al piccolo appezzamento di famiglia che veniva gestito dalle donne di casa insieme alla cura degli animali che ne consentivano il sostentamento con i derivati come uova e latte. Alla donna spettava la cura della casa, degli anziani, dei figli, dell’orto e, nei periodi di raccolta, andavano con gli uomini per aiutare. Quando si rientrava a casa era ormai buio e, in una casa senza luce né acqua corrente, il luogo di ritrovo era il camino dove le donne cucinavano con i pentoloni e le “pignate”. Quel torpore conciliava il sonno di chi aveva lavorato il giorno e qui i nonni raccontavano ai nipoti le storielle che i ragazzi ascoltavano estasiati. Era una vita semplice dettata dal duro lavoro, segnata dalla guerra e dalle carestie. Una vita segnata molto dalla fede cristiana: la domenica infatti era l’unico giorno di svago e di uscita e qui i giovani ragazzi avevano modo di interloquire con le ragazze del luogo. Spesso ci si chiede perché oggi i ragazzi non vanno a messa: semplice, un tempo non lo si faceva per una forte fede ma perché la chiesa era per loro l’unico svago sociale. In tanti provano a confrontare la famiglia di un tempo e quella di oggi: in questa c’è stata un evoluzione a pari passo del tempo ed io credo che non ci sia una famiglia migliore rispetto all’altra, ma solo una famiglia che si è adattata alla società che vive quotidianamente. Sicuramente possiamo riconoscere che i nonni oggi sono cambiati perché lavorano, hanno una vita sociale e spesso troppo poco tempo peri nipoti. Secondo me è giusto conservare il bel ricordo dei nonni con i capelli bianchi e i nipoti sulle ginocchia perché questi sono stati sostituiti da nonni dinamici che ricoprono ruoli nella società, si danno da fare e vanno a prendere i nipoti a scuola con la macchina. Meglio ieri? Meglio oggi? Meglio una società che accetta l’esperienza di chi ha vissuto prima di noi facendone tesoro in un era in cui si corre sempre di più…